Paolo Milone è uno psichiatra e raccoglie nel libro “L’Arte di legare le persone” frammenti di pensieri, di dialoghi di riflessioni senza un ordine apparente. Frammenti raccolti per temi, accostati per assonanza e per contrasto. Il filo conduttore è la psichiatria d’urgenza, le urla, i silenzi, la vita quotidiana del Reparto 77, la convivenza con la nevrosi, la depressione, l’euforia.
Per uno psichiatra d’urgenza le decisioni da prendere sono sempre difficili… contenere un matto è contro natura, viola la legge umana, ma anche stordirlo di farmaci è disumano. A volte però è indispensabile per permettere al malato di ritrovare sé stesso. La malattia psicologica non è una tonsillite, non la si vuole riconoscere fino a quando è ormai troppo tardi. In alcuni casi i malati sono accompagnati al pronto soccorso da parenti che sono ormai disorientati, negano la realtà, non accettano la malattia. A volte discutono fra di loro, per chi vuole farlo curare e chi vuole riportarlo a casa. Lavorare in un reparto d’emergenza significa anche affrontare la violenza, le barelle che volano, riportare lividi e contusioni.
Non è facile stare a contatto con un nevrotico, la follia è contagiosa, rimane in circolo. Per uno psichiatra la giornata lavorativa non termina quando passa il cartellino a fine turno perché il suo lavoro non è scienza del sapere, ma è un rapporto meditato su ogni singolo caso trattato.
Lo psichiatra fuori del reparto ha una vita privata e se poco prima si è dovuto confrontare con il dramma del suicidio della ragazza che aveva in cura, a fine turno deve anche ricordarsi di comprare il latte prima di tornare a casa.
Paolo Milone racconta in modo estremamente concreto la sua esperienza quarantennale servendosi dell’ironia per descrivere il dramma dell”abisso” e dimostrando al contempo una forte empatia con i malati, valore davvero raro.